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Mongolfiere: una storia di fughe

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Quando avvenne il primo volo umano?


mongolfiereNon fu quello di Dedalo ed Icaro, confinato nella mitologia. Non ci provò Leonardo sulla sua “piuma”, sorta di deltaplano che restò sulla carta fino a quando Angelo D'Arrigo non la fece volare nella galleria del vento. Prima di lui ci fu un altro pilota, forse un tedesco, che la costruì, disegni del genio di Vinci alla mano, e la fece volare sulle colline toscane. Forse, esattamente non ricordo.
Non fu neppure quello dei fratelli americani Wilbur e Orville Wright nel 1903, conosciuto come il primo volo di una macchina motorizzata "più pesante dell'aria" con pilota a bordo, il Flyer, non il primo in assoluto.

Invece, il 21 novembre 1783 furono i francesi Pilâtre de Rozier e il marchese d'Arlandes i primi umani a volare, coprendo in 25 minuti una distanza di circa 9 km a una quota variabile intorno ai 100 metri sui tetti di Parigi, presente re Luigi XVI e la regina Antonietta. Usarono la mongolfiera ideata dai fratelli Joseph Michel e Jacques Étienne Montgolfier, rampolli di una ricca famiglia di fabbricanti di carta e dai quali il primo areomobile prese il nome. Furono nominati membri straordinari dell’Accademia delle Scienze ed il padre Pierre ricevette come riconoscimento il titolo nobiliare ereditario de Montgolfier. Non dovettero goderselo troppo, un po' come la testa dei due sovrani, visto che la rivoluzione era alle porte.

Questo primo volo umano fu preceduto da numerosi esperimenti. Andarono in aria scatole di carta, aerostati di stoffa “taffettà” e corde, palloni di tela di sacco e strati interni di carta sottile ed altro ancora. Un involucro sferico di 225 kg tenuto insieme da 1.800 bottoni ed una rete da pesca volò per 10 minuti e circa 2 km, altitudine stimata 1.600 - 2.000 metri. Fu poi la volta di una pecora, un'oca ed un gallo, collocati in un cesto appeso alle corde di un nuovo pallone. Durata del volo circa 8 minuti, distanza approssimativamente 3 km, altezza forse 500 metri. Nessuna conseguenza per gli animali, nonostante l'instabilità del mezzo che rischiò di far naufragare l'impresa. Le misurazioni avvennero in totale e rigorosa assenza di variometri e GPS.
Seguì un volo vincolato di un pallone con a bordo tre persone tra le quali uno scienziato. Ed infine venne il giorno di Rozier e d'Arlandes, non dei fratelli Montgolfier ai quali il padre proibì assolutamente di staccare i piedini da terra. Probabilmente solo Etienne disobbedì, ma solo una volta. Non è dato sapere se fu perdonato dal severissimo neo Signor de Montgolfier

Ma che c'entrano le fughe?
Beh! Intanto, se ho capito bene, le manifestazioni aerostatiche di oggi prevedono un pallone in fuga, detto “lepre” e gli altri che gli corrono dietro. Poi è storicamente accertato che il mezzo fu usato almeno due volte per levarsi dai guai, escluso la “Fuga in Molgolfiera”, quarto dei 22 episodi di Pippi Calzelunghe, serie di cartoni animati ispirata al romanzo della svedese Astrid Lindgren. Evidenti le ragioni dell’esclusione.

Il 7 ottobre 1870, dopo la disfatta di Sedan e la cattura dell'imperatore Napoleone III da parte dei Prussiani, il ministro degli interni del neonato governo di difesa nazionale, Léon Gambetto, fuggì ardimentosamente in mongolfiera da Parigi accerchiata dai nemici, raggiungendo il resto del governo rifugiato a Tours. Gli altri ministri non si erano fidati di andar per aria e optarono per un più sicuro tragitto terrestre, a rischio di finire nelle mani dei Prussiani. De gustibus ...

Ma la fuga più spettacolare a bordo di un aerostato fatto in casa avvenne dalla ex Germania Est, esattamente con decollo nei pressi della cittadina di Pössneck, protagoniste le famiglie Strelzyks e Wetzels, otto persone in tutto. Da questa vicenda nel 1982 fu tratto il film “Fuga nella notte” di Delbert Mann al quale liberamente mi ispiro, sperando che il regista non abbia manipolato la realtà ai fini dello spettacolo.

Günter Wetzel con l'aiuto dei famigliari cuce una mongolfiera procurandosi grandi quantità di stoffa (la solita “taffetà) con il pretesto di farne tende da campeggio. Nel frattempo l'amico Peter Strelzyk sperimenta la costruzione di un bruciatore per produrre l'aria calda. Non è facile muoversi in un ambiente dove la polizia segreta della DDR, la famigerata Stasi, e le sue spie sono dappertutto. Anche i vicini si fanno sospettosi, il progetto è dei più temerari, cosicché i Wetzel ci ripensano ed il 3 luglio 1979, con a bordo solo gli Strelzyk, l'aerostato spicca un primo volo sopra il confine tra le due Germanie.
Finisce male. Il bruciatore artigianale si spegne, la mongolfiera si sgonfia e impatta a poche centinaia di metri dal confine. Gli occupanti fuggono, ma una guardia di frontiera trova il mezzo e la Stasi si mette sulle loro tracce. Entra in scena il colonnello Koerner, un mastino che non darà loro tregua.

Il pericolo di essere arrestati induce Peter a riprovarci e questa volta si aggregano anche i Wetzel che nel frattempo hanno cambiato nuovamente idea. Magari non sono troppo convinti sulla fattibilità del piano, ma la paura di finire nelle sgrinfie della Stasi gioca il suo ruolo. Nel frattempo Koerner gli sta ormai con il fiato sul collo ed ha raccolto prove e testimonianze contro di loro.
Neanche a farlo apposta, proprio mentre gli sta per piombare in casa la notte del 15 settembre 1979 i fuggiaschi tentano di nuovo: l'aerostato si gonfia e le due famiglie salgono nel cestello. Un inizio di incendio del tessuto viene rapidamente spento. Il mezzo s'invola inseguito da Koerner in elicottero, ma il bruciatore esaurisce il propano e inizia la discesa fino all'impatto in una radura. Insieme al propano finiscono anche le mie speranze che il regista si sia attenuto alla realtà, perché un elicottero che non riesce ad acciuffare una mongolfiera fatta in casa e per lo più a secco di gas esiste solo nella fantasia, come Dedalo ed Icaro. Ma non fa nulla.
Quello che importa è il lieto fine. Gli otto fuggitivi sono tutti incolumi anche se non sanno dove sono atterrati, altra cosa difficile da credere: se c'è un confine, o stai di qua, o stai di là, cribbio! Non è che le possibilità sono infinite …
A levarli dal dubbio ci penserà un esterrefatto poliziotto, ma fortunatamente questa volta è una guardia della Germania Ovest, non della Stasi! Insomma, la lepre è fuggita.

Bene. Se siete sopravvissuti fino a qui senza badare troppo alle imprecisioni tra aerostati, palloni, mongolfiere – e grazie al cielo non ho toccato l'argomento dirigibili – vi meritate un giro in mongolfiera. Lepre o segugio?

Gustavo Vitali
l’ufficio stampa FIVL in evoluzione